Il conte Cesare Mattei

Mi chiamo Cesare Mattei, conte Cesare Mattei. Il titolo mi fu assegnato per una piccola donazione, un terreno nelle valli di Comacchio che feci al papa quando non avevo nemmeno quarant’anni. Capirai, me l’aveva dato mio padre, non mi è parso di fare un grande gesto, eppure egli mi fu riconoscente a tal punto da farmi Conte. A saperlo gli regalavo pure l’appezzamento di mia zia poco fuori Ferrara…

Non so se nella mia vita ho fatto del bene in assoluto, mi sono mosso “per il sollievo dei malati”, e mi sono sempre astenuto “da ogni offesa e danno volontario”… Chi entrava nella mia casa e beveva dalle mie fonti, riceveva le mie cure, trovava giovamento e conforto. Entravano curvi e malati e uscivano diritti e sani.

Non ho mai pensato di essere un guaritore, ma seguivo un principio in quello che facevo. Il principio dell’elettromeopatia. Non so se sia medicina o se non lo sia. Io badavo al solo risultato, certo è che in casa mia i malanni si acquietavano e mi scuso con voi dottori se sono stato poco ortodosso nei miei metodi ed atteggiamenti. Di questo me ne dispiaccio, è stata la rabbia nel vedere mia madre sofferente per tutti quegli anni che mi ha fatto perdere la fiducia nelle cure tradizionali, ma tornassi indietro terminerei i miei studi di medicina classica. Perdonate se vi ho rivolto parole di sfiducia, ma erano parole di un figlio addolorato nel vedere il dolore della propria madre malata.

Dopo la sua scomparsa, ho cercato conforto nello studio. Non passava giorno senza un esperimento, senza che le mie mani non cercassero di creare nuovi composti…

Ѐ stata quella scintilla a trascinarmi. Un lampo sull’acqua che riflesse un bagliore sul mio volto. Ѐ stato un attimo, una frazione di secondo, un momento. Potei scorgerlo perché uno specchio era dinnanzi a me e vidi il rifrangere dei movimenti dell’acqua rispecchiarsi nei miei occhi. Sentii come una carica che mi passò attraverso il corpo.
Quella fu l’ispirazione. Non so spiegare cosa provai esattamente in quell’istante, ma è certo che da quel giorno iniziarono i miei esperimenti.

Scendevo dalla mia collinetta per recuperare l’acqua del Limenta, in quella stagione abbondante e fresca. La portavo nei miei laboratori per infonderle quella carica che avrebbe neutralizzato le cariche della parte malata dei miei ospiti, e riportato i loro organismi alla stabilità.

Raccoglievo le erbe benfiche delle campagne e delle modeste alture della zona per produrre degli estratti, poi ridotti in “granuli” per unire l’effetto dei “fluidi elettrici”, andando a formare più tipi diversi di rimedi a sintomi differenti.

Ho passato molti anni a sperimentare, affinare il processo di estrazione dei contenuti vegetali, della sollecitazione delle molecole d’acqua. Ad ogni successo, per ogni ispirazione ho prolungato e arricchito la mia casa di corridoi, stanze e aperture, viste sul nostro verde che in primo effetto giovano alla salute di chi è ospitato, di chi respira un’aria pulita mentre può allungare lo sguardo su quei campi distesi nei rilievi che circondano la mia cara “rocchetta”.

 

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